
Ecco, forse si potrebbe, con più precisione e correttezza, parlare di Modello Red Bull, quello della multiproprietà.
Partiamo da qui per andare ad analizzare il successo del Lipsia, la quinta squadra ad essere acquistata dal colosso degli Energy Drink. Si perchè il RB Lipsia, RB non sta per Red Bull come molti credono ma per Rasen Ball (campo da gioco), è stato comprato dagli austriaci 11 anni fa, nel 2009 dopo che il Toro volante era già entrato nel mondo del calcio con il RB Salisburgo, i New York Red Bulls, il Red Bull Brasil e il Red Bull Ghana. Le ultime due squadre non vi dicono nulla? Poco male, non è sorprendente, i brasiliani sono una società di quarta serie che stanno cercando, ancora, di entrare stabilmente a giocare i campionati federali, la squadra africana, semplicemente, non esiste più, è stato dichiarato fallimento nel 2014.
Dopo il Lipsia sono arrivate altre due acquisizioni, quella del Liefering, squadra che nel 2010 si chiamava Union Sportklub Anif, cittadina ad una ventina di chilometri da Salisburgo. Fu cambiato nome, ma non viene riconosciuta come squadra Red Bull a causa del regolamento del campionato austriaco che non permette l'esistenza di due società con la stessa proprietà. E quindi, per aggirare il regolamento che metteva fine anche all'esistenza delle seconde squadre nelle categorie professionistiche, la scelta di acquistare una nuova società. Ufficialmente indipendente, il Liefering, che ha preso il nome dal quartiere di Salisburgo in cui giocano, ha all'interno del suo CdA membri della struttura manageriale della Red Bull.
In ultimo, poco più di un anno fa, è stata comprata una seconda squadra in Brasile, il RB Bragantino. La scelta è stata in contrasto con le precedenti, se prima si puntava ad acquistare squadre in categorie inferiori e salire step by step, come il Lipsia passato dalla quinta divisione alla Champions League, in questo caso la scelta è ricaduta su una società già in prima divisione.
E' solo a partire da qui che si può capire meglio il successo delle squadre di proprietà del Toro. Il precedente ingresso nel mondo dello sport, hockey e Formula 1, ha permesso di creare un certo tipo di know how sportivo e organizzativo che è stato trasportato meravigliosamente anche nel calcio.
La Red Bull non è la prima multiproprietà che si affaccia nel panorama europeo, ci avevano provato i Pozzo acquistando Granada e Watford oltre all'Udinese e ci sta provando ora il City Group proprietaria di 9 società in giro per il mondo, ma di certo la company austriaca è quella che sta avendo, in proporzione, i risultati migliori.
Questo perchè l'organizzazione è più capillare, è stata creata una sovrastruttura sportiva che, come una normale azienda, si occupa del controllo delle varie società, al di sopra delle singole aree tecniche. L'Head of Global Soccer Operations del gruppo ha il controllo di tutti i direttori tecnici, è lui il loro referente ed è lui che risponde alla Proprietà.
Un'organizzazione totalmente diversa rispetto al Mondo City Group, la holding di proprietà dello sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan ha lasciato ad ognuna delle società di cui è proprietaria la gestione sportiva ed amministrativa, ecco quindi che le varie società interagiscono relativamente, c'è stato qualche passaggio dal Manchester City ai New York City o al Melburne City, ma poco altro.
Solo da fine 2017, quando nel panel del gruppo è entrato il Girona, si è assistito ad un maggior interscambio di giocatori, attività che, probabilmente, avrà un ulteriore incremento verso il Belgio, dopo l'acquisizione di inizio maggio del Lommel, squadra attualmente in Tweede klasse.
Ma il modello Red Bull è difficile che possa attecchire anche nel City Group, per la Red Bull non c'è una squadra pilota e tante ramificate di basso livello, ma una struttura verticale che sfrutta la crescita verticale di qualità e di obiettivi delle varie società.
RB Bragantino e New York RB servono come bacino di osservazione, in loco, di due movimenti calcistici ai quali il Gruppo guarda con grande attenzione, quello brasiliano e quello americano, in esponenziale crescita. Dopo di che lo straordinario lavoro del gruppo di scouting Red Bull, si riconverte nella distribuzione dei giocatori sulla struttura europea, quelli già pronti vanno in Germania, quelli ancora molto acerbi a farsi le ossa in seconda divisione austriaca e i giocatori che convincono, ma che non vengono considerati pronti per il calcio tedesco o che, banalmente, hanno necessità di giocare spesso, vanno a Salisburgo. Tre diverse categorie, tre competizioni diverse che permettono alla Red Bull di scandagliare il calcio giovanile acquistando alcuni tra i giovani più interessanti a poco prezzo per poi inserirli un po' alla volta nel proprio motore e renderli pronti per diventare grandi plusvalenze o potenziali titolari per il Lipsia, oggi un'avanguardia europea.
E' stato, sostanzialmente, così anche per uno dei nomi di mercato più importanti dell'ultimo periodo, Dominik Szoboszlai, acquistato a 17 anni dal Videoton, mandato a Liefering una stagione e poi inserito con ruolo sempre maggiore nel motore del Salisburgo.
Probabilmente il progetto sarebbe stato quello di portarlo a Lipsia per poi rivenderlo in Europa, come successo, per esempio, per Naby Keita, ma l'impatto dell'ungherese è stato tale da far scattare un'asta immediata e quindi non farà l'ultimo step della trafila.
Percorso che, forse, vi sorprenderà scoprire che hanno fatto ben 6 giocatori dell'attuale rosa di Nagelsmann, il portiere Gulacsi, il difensore Upamecano, i centrocampisti Sabitzer, Haidara, Laimer e Ilsanker, andato in prestito all'Eintracht Frankfurt a gennaio dopo 5 anni a Lipsia. A loro si aggiungono il primo giocatore proveniente dall'Accademy dei NY Red Bulls, Tyler Adams, e Kevin Kampl passato da Salisburgo tra il 2012 e il 2015 e riacquistato, nel 2017, dopo un paio di negative esperienze tra Dortmund e Leverkusen. Un terzo della rosa che oggi è quarta in Bundesliga e ai quarti di finale di Champions League è figlia di questo modo di operare.
A mio parere parte tutto da lì, dalla possibilità di lavorare su una multiproprietà e far crescere i giocatori in casa, sotto diretto e analitico controllo per vederne lo sviluppo e renderli un asset importante per le altre società della filiera sportiva.
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