Ibra SI, Ibra NO: IBRA!



E' stata lunga, complessa, a tratti impossibile, alla fine reale: Ibra e il Milan di nuovo insieme 7 anni dopo.
Torna dopo aver giocato e vinto a Parigi e Manchester, aver giocato ed essersi infortunato a Manchester e Los Angeles. Proprio la Los Angeles da dove torna per chiudere quel cerchio, probabilmente per ritirarsi come avrebbe sempre voluto fare, a San Siro, quello che più di tutti è stato il suo stadio (tra Inter e Milan) e nel club che più ha amato, davanti ai tifosi che lo hanno amato alla follia e che in questo periodo di vacche magrissime vedono in lui una luce, flebile, ma bellissima, di un campione che torna in rossonero. Seppur a 38 anni, seppur in declino, sempre un campione.

E potrei chiudere qui con una frase: Ibrahimovic non si discute, si ama.
Ma sarebbe troppo semplice, quasi lavativo chiudere in assoluta venerazione di quello che è stato, anche per chi scrive, un personaggio di culto assoluto dell'ultimo Milan vincente, ma in generale di tutta l'Europa.
Zlatan divide, come ha sempre fatto, come sempre farà. A 38 anni è oggettivamente nell'ultima fase della sua carriera e non sarà dominante come quando atterrò da Barcellona, entrò a San Siro prima di un Milan-Lecce aizzando la folla con 4 parole: "Questo anno vinciamo tutto". Ma lo davano per finito, dopo l'infortunio al crociato che ha bruscamente frenato la sua esperienza al Manchester United di Mourinho che fin lì stava andando a gonfie vele, invece è tornato, con i Red Devils ha alzato il suo primo trofeo europeo della carriera, l'Europa League, non quello che avrebbe voluto alzare e che con ogni probabilità rimarrà una chimera nella sua carriera.
Ha finito con lo United ed è andato alla conquista del "nuovo continente", quegli Stati Uniti che hanno un movimento in continua crescita e sviluppo, quella MLS che gli è servita per far salire nuovamente di giri il motore, di dimostrare a tutti che, anche superati i 35 anni e con un crociato saltato, lui rimane Zlatan, nel bene e nel male, tanto nelle prodezze quanto negli spocchiosi atteggiamenti in campo, davanti alle telecamere e sui social, non ultimi l'addio ai Galaxy e gli auguri di Natale.


Ibra è questo, o lo ami o lo odi. E' uno di quei personaggi del mondo del calcio, come Mourinho, come Conte, che finchè è contro di te non puoi amarlo, lo odi troppo per gli atteggiamenti, per i comportamenti, per il suo essere. Poi quando veste la tua maglia, difende i tuoi colori, tutto cambia, diventa la tua guida, il tuo condottiero. Probabilmente prima ancora del notevole problema con il gol che sta affliggendo il Milan, Maldini e Boban si sono resi conto che al Milan manca questo, un condottiero che possa guardare tutti dall'alto verso il basso, quel condottiero che lo scorso anno è stato Gattuso e che quest'anno non c'è più in nessuna componente che calpesta il prato di San Siro durante il fine settimana.
Già lo scorso anno. Sorge spontanea a questo punto la domanda, perchè non si è fatto lo scorso anno, perchè non si è alzata la posta lo scorso anno per portare Zlatan a Milano, mossa che avrebbe convinto Higuain a restare, per lanciare ufficialmente la corsa alla Champions League, fondamentale nelle parole della proprietà e oggi una assoluta illusione? A questo non so dare/darmi risposta e non posso che condividere l'opinione di chi sostiene che l'arrivo di Ibra sarebbe stato molto più intelligente lo scorso anno che questo, avrebbe probabilmente dato una spinta propulsiva decisiva per l'obiettivo che da 6 anni il Milan vede sfumare. L'anno dopo l'addio di Zlatan è stato l'ultimo in cui abbiamo sentito a San Siro quella bellissima musichetta. E lo scorso anno eravamo molto più vicini di oggi.
E mi verrebbe da dire, avete ragione voi a chi sostiene che un 38enne non può essere il cardine di una squadra che vuole costruire il proprio futuro, forse può essere l'immediato presente, la ciliegina sulla torta. Però poi mi ricordo di chi si parla e di dove verrebbe inserito, mi ricordo degli esempi di Toni e Quagliarella, capocannonieri della nostra Serie A ad età avanzata e allora inizio a farmi venire l'acquolina. Non risolverà i problemi del Milan, non ce l'avrebbe fatta nel suo periodo di massimo livello, quasi sicuramente non ce la farà ora, ma darà una mano, sarà uno stimolo per tutti, sarà un esempio da seguire durante gli allenamenti, perchè a Ibra si può criticare tutto tranne il suo professionismo impeccabile, sempre fisicamente perfetto, sempre allenamenti al massimo. E per una rosa che spesso in allenamento ha cali importanti di professionalità non è un dettaglio irrilevante.
Non seguirò la favola dell'Ibra che arriva e fa volare schiaffi, calci e appende al muro la gente come fosse Bud Spencer. Si è picchiato ogni tanto con i compagni, chiedere a Zebina e Onyewu, ma non è uno che ti prende a schiaffi, non ne ha quasi mai bisogno, sa vincere, sa cosa bisogna fare per vincere e incute timore fisico. Non so se è il leader maximo che serve al Milan, ma sicuramente è l'accentratore maximo che in questo momento può fare molto bene a più di qualche ragazzo con l'autostima sotto i piedi.

Ci sono poi le questioni di campo, che sono quelle forse più importanti ed impellenti. Quanti gol può garantire Ibra? Quanti assist? Tutte domande a cui, ovviamente, non si può dare risposta. Difficile, se non impossibile dirlo. Ma soprattutto, quanti compagni riuscirà a far salire di livello e di giri con la sua presenza in campo? Di certo il raggio di azione di Zlatan si è ridotto, se già non era eccelso in fase di non possesso, oggi si riduce ancora di più la sua azione difensiva, offensivamente non si discute perchè la tecnica e i piedi quelli non li perdi nemmeno a 60 anni, Maradona docet, ma la mobilità sicuramente sì.
Dovrà essere bravo Pioli a costruire una struttura capace di reggere Ibrahimovic e magari anche capace di sfruttare il gioco a tutto campo dello svedese, che non è il solito pennellone che prende residenza in area di rigore, anzi spesso gli piace anche fare assist.
E qui viene fuori la bega del modulo, si è infiammata la bagarre social, due punte, tridente, difesa a 3 con i 5 in mezzo. La questione, a mio parere, è molto più semplice, ma allo stesso tempo operativamente più complessa: la rosa del Milan è ibrida e non è costruita per nessun modulo nello specifico. Ibra difficilmente potrebbe giocare in coppia con un Piatek che ha dimostrato ad inizio stagione di non avere le capacità di partire da altre zone di campo per poi andare a convergere in area di rigore, lui deve già starci e costringere Ibrahimovic a fare il lavoro da seconda punta diventerebbe controproducente. Spalla perfetta potrebbe essere Rafael Leao, che però non si sta dimostrando il professionista esemplare che ci si aspettava e che soprattutto non ha un'alternativa credibile in panchina. Ci sarebbe la questione esterni, Calhanoglu e Suso con Ibra si sposano relativamente. I cross dello spagnolo sono palloni che Zlatan ha sempre prediletto perchè le sue lunghe leve gli permettevano di attaccare meravigliosamente anche palloni "imprendibili", ma nè Jesus nè Hakan hanno nelle loro corde l'inserimento in area senza palla, fondamentale necessario quando si gioca con Ibra, lui apre gli spazi, tu ti butti dentro e finalizzi, come faceva Boateng. C'è un giocatore di questa rosa capace a meraviglia a fare questo lavoro: Jack Bonaventura, tornato a buoni livelli dopo l'infortunio dello scorso anno e con una questione rinnovo aperta sul tavolo di Casa Milan. Ci sarebbero anche Lucas Paquetà, che però sembra distratto dalle sirene francesi e che in caso di permanenza è chiamato ad un 2020 migliore del suo 2019, e Frank Kessiè anche lui con la testa altrove al momento e che non ha mai del tutto convinto in rossonero. Ci sarebbero, appunto, senza certezza che ci siano al 1 febbraio.
Comunque la si guardi manca qualcosa. E allora al netto di Zlatan Ibrahimovic che anche a 38 anni, non si discute, ma si ama, il giudizio positivo o negativo a questa operazione lo daranno le altre, necessarie, a cui sono chiamati Maldini e Boban. Operazioni di sistemazione della rosa, di settaggio su un'idea di gioco precisa e specifica, qui starà la vera missione della dirigenza rossonera.
Perchè su un 38enne non puoi costruire il tuo futuro, ma puoi inserirlo per aiutare la solidificazione delle fondamenta. Ibra non sarà la prima pietra del Milan del futuro, ma può essere l'impalcatura che oggi nasconde la costruzione, bisogna essere bravi a non giocare a nascondino lì dietro, ma sfruttare il tempo a disposizione. Ibra SI, ma non da solo, perchè se no rischia di diventare uno specchietto per le allodole che potrebbe fare male a tutte le parti in causa.
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