E' più semplice, lo schermo del telefono è più piccolo, le parole, le righe sembrano di più e mi convinco che ancora riesco a scrivere "tanto" e farlo bene.
Poi invece mi devo scontrare con la realtà, rileggo ciò che ho scritto e spesso non mi piace, sì magari ho avuto una bella idea riprendendo parole d'altri o semicitando, ma il resto rimane tutto piantato lì, tra le mie dita, a metà strada tra la mia testa e i tasti della tastiera come intrappolate in una ragnatela invisibile.
Sono pochi i momenti in cui realmente mi sono sentito vivo e ho sentito le mani andare, pochi momenti di "lucidità" narrativa. E non è cosa degli ultimi giorni, quelli hanno solo aumentato quella sensazione. Sono su questa piattaforma da cinque anni e mezzo ormai, ho aperto questo blog nel 2014, nell'ultimo anno ho scritto di mio pugno 10 pezzi, sui 188 presenti qui sopra, e sono 10 solo grazie almeno a 2/3 pezzi scritti per Radio Rossonera, a cui si possono aggiungere altri 3/4 che non ho mai riportato qui.
Mancanza di idee? Probabile, ma non ne sarei così certo. Mancanza di tempo? Sicuramente. Mancanza di voglia e stimoli? Senza dubbio.
Ero in difficoltà, inutile negarlo, gli avvenimenti degli ultimi 3/4 giorni mi hanno fatto cadere totalmente in una semicrisi interiore. Non ho ancora fatto in tempo a ritirare il mio tesserino, ottenuto con ben più di due anni che considera l'Ordine, che già vorrei ingoiarmelo.
La morte di Kobe, il modo in cui è stato trattato (grazie Sky per essere un meraviglioso unicum e avere al vostro interno professionisti straordinari), la corsa alla toppa peggio del buco di una fetta sempre troppo grande di giornalisti mi ha fatto male. Perchè era il mio eroe, il mio unico vero idolo. Eh già, consumo un numero indefinito di partite di calcio, ma alla fine l'unico sportivo per cui avrei fatto di tutto era, ed è, Kobe Bean Bryant.
Ecco, diciamo che quel tesserino è anche stato preso per lui, perchè un giorno mi sarei seduto su una sedia, guardandolo ammirato e ascoltando quello che aveva da dire, nè più nè meno. Non un'intervista, non ne sarei mai stato, realmente, capace, più un lavoro da scribacchino per quello che avrebbe voluto onorarmi di dirmi. E lo sentivo un po' più vicino, perchè sapevo dove trovarlo, finalmente, ce l'avevo fatta. E tutto si è schiantato sulle colline di Calabasas, colline che conosco bene, colline a me amiche, che ho frequentato più volte negli ultimi 8 anni, l'ultima volta meno di un mese fa.
Mi sento totalmente vuoto, senza obiettivi e senza sogni in quello che per anni ho faticato perchè diventasse il mio lavoro e che non lo è, visto che il culo su una sedia e gli occhi davanti al pc li metto, ma per guardare numeri e progetti da vendere. Per anni mi sono ripetuto "se sono bravo prima o poi verrò fuori", probabilmente non lo sono stato e non lo sono abbastanza, probabilmente non conosco le persone giuste, probabilmente l'idea perfetta è il colpo che mi è sempre rimasto in canna e mai partito.
Ma intanto vedo tanti raggiungere i loro obiettivi, volare alti sull'onda del momento riuscire a fare centro e io, per quanto possa impegnarmi, a malapena colpisco il cerchio più esterno. Alla fine cosa mi hanno portato tutte le ore spese davanti ad video o al freddo/caldo/sotto la pioggia a seguire la primavera o davanti a Casa Milan? Sì, ho la rubrica del telefono più piena di numeri di procuratori (che per lo più visualizzano e non mi rispondono nemmeno), sì ho la rubrica più piena di numeri di giocatori, compreso qualcuno che gioca in Italia e un paio in Premier League, sì ho la rubrica più piena di numeri di giornalisti, che per la maggioranza dei casi mi dicono continua a lavorare, mai uno che mi dica "sai che magari c'è una possibilità". Probabilmente perchè non sono abbastanza bravo.
Mi spiace che anche quando l'idea è buona ho sbagliato la persona con cui parlarne e alla fine, qualcun altro fa quello che speravo di fare io. Ma anche da qui si impara.
Sicuramente sembrerà un piangersi addosso e accusare il mondo, per lo stesso motivo che ho spiegato in testa al tutto, ciò che scrivo due ore dopo vorrei rivoltarlo come un calzino perchè non mi piace più. E invece non è nulla di tutto ciò, è semplicemente una resa, onesta e semplice resa.
In una vita che di tempo non ce ne lascia mai abbastanza, non riesco a trovare un motivo per andare avanti a fare qualcosa che mi ha riservato solo grandi bruciori di stomaco, enormi rosicate e cosmiche incazzature. Alla fine vale per tutto, se non viene riconosciuto il proprio lavoro arriva il momento di chiedersi se realmente sia di qualità.
E forse tutto questo non fa, semplicemente, per me.

Matteo,
RispondiEliminanon conosco praticamente nulla della tua situazione, ma so benissimo come funzionano le cose nel settore giornalismo.
Vero, ti consiglio di pensare bene al tuo futuro, di cercare qualcosa che ti possa dare certezze. Ma quello che hai fatto finora non è vano..hai seguito la tua passione. Hai sviluppato relazjoni che alla lunga ti porteranno soddisfazioni. Poche queste elazioni "buone", in proporzione al numero totale. Ma preziose. Vedrai. Continua a seguire questa tua passione. Magari le dedicherai meno tempo, ma non abbandonarla. Seleziona il progetto che, anche senza darti vantaggi economici, può permetterti di fare ciò che ti piace senza toglierti il respiro.
Ti capisco per Kobe. E capisco anche che inseguire i sogni sia spesso vano. Ma trai forza dalle persone che ti sono vicine. Loro più di tutte sapranno spingerti a superare questo momento. E sappi che per i tanti che fanno centro, ci sono tanti che neppure arrivano a impugnare un arco per scoccare la freccia.