Muller e Firmino, l'esaltazione dello spazio

 "Il nostro centravanti è lo spazio" (Pep Guardiola)


Così diceva Pep Guardiola quando qualcuno gli chiedeva perchè il suo Barcellona giocasse senza un centravanti di ruolo, con un fenomeno di 169 cm e 67 kg a guidare il suo attacco. Da falso nueve, come dicono in Spagna. E' un momento di svolta, la rivoluzione che nasce in Catalunya, o forse che trova in quella squadra la terra fertile che rende il processo inarrestabile e soprattutto molto più veloce del previsto.

E' un cambio di paradigma, è il rock che entra a piede a martello sulla musica classica, inizialmente guardato con sospetto, ma rapidamente considerato inarrestabile. Nel giro di un anno tutti iniziano a volgere lo sguardo a Barcellona, qualcuno in modo più esplicito qualcuno in modo più nascosto.

C'è una scuola di allenatori che partendo dal paradigma guardioliano spinge il piede sull'acceleratore: la scuola tedesca. In Germania, c'è uno scalpitante rockettaro che porta il Borussia Dortumund a vincere la Bundesliga e alle soglie del tetto d'Europa, mostrando un calcio moderno, intenso, fatto di corsa, tanta, e qualità, tantissima. Un calcio di lettura, d'attacco, di sfruttamento dello spazio in modo spasmodico.
Quell'allenatore definito eterno secondo, che nell'ultimo periodo ha dimostrato di non esserlo per nulla: Jurgen Klopp.
Ma sono tanti gli allenatori che nell'ultimo decennio si sono aggiornati, adattati all'evoluzione calcistica e cercato di sviluppare il loro gioco e i loro giocatori verso il nuovo calcio. Ad Hoffenheim e Lipsia, due proprietà rampanti investono su allenatori con idee e visioni nuove, così fanno anche Moenchengladbach. Il Bayern Monaco, da leader del movimento e superpotenza non solo nazionale, ma continentale, decide di andare a bussare direttamente al maestro del calcio fluido e porta Pep in Baviera, dopo aver vinto la Champions League con il vecchio Jupp Heynckes in panchina. E a giovarne è anche la nazionale tedesca che con un allenatore mai banale e aperto al cambiamento come Low vince la Coppa del Mondo 2014, dopo esserci arrivato vicinissimo 4 anni prima in Sudafrica.

Non è strano allora che due tra i più straordinari interpreti di questo calcio fatto di letture e spazi, di creazione e occupazione dello stesso, nascano e si sviluppino in Germania e alla corte di Guardiola e nel laboratorio di calcio che l'illuminato presidente Dietmar Hopp ha deciso di creare a suon di milioni nei sobborghi di Sinsheim.

Thomas Muller e Roberto Firmino, due facce della stessa medaglia

Quando incontra Pep, Thomas Muller è già un giocatore fatto e finito, ma è con il catalano che cresce in modo esponenziale, raggiungendo qualità di gioco e numeri (gol e assist) che non aveva mai raggiunto prima e mai raggiungerà dopo. Pep prende un giocatore eccellente e lo trasforma in straordinario, lo convince a correre meglio, a pensare più verticale, ad elevare la sua conoscenza del gioco. Soprattutto a sfruttare lo spazio a suo favore, a leggere ciò che concede la difesa ed ammazzarla proprio in quella situazione. "Rendi lo spazio il tuo migliore amico", questo mi immagino abbia detto Guardiola a Muller.
E il tedesco, essendo giocatore di intelligenza rara, non se lo è fatto ripetere due volte, si è calato alla perfezione in questo calcio fluido. E i risultati si vedono, quel "folle nel senso buono che pensava tutto il giorno alle soluzioni tattiche" (da intervista post Bayern Werder, agosto 2016) Muller ascolta e assimila come una spugna. Da attaccante da una quindicina di gol a stagione raddoppia il suo bottino, diventa attaccante a tutto campo, impara ad inserirsi con i tempi perfetti, non sbaglia una scelta tattica ancor prima di tecnica. Dove c'è uno spazio, lui si inserisce perfettamente. E lo fa con frequenza sempre maggiore nel triennio guardioliano.

Inserimento che porta al gol contro l'Amburgo (2015)

Quando Pep sbarca in Baviera per trasformare Thomas Muller e il calcio del Bayern, a 300 km di distanza sta crescendo un giocatore arrivato dalla Figueirense nel silenzio più che totale. Sconosciuto ai più, arrivato come attaccante d'area, dopo due stagioni e mezze per capire la Bundesliga, Roberto Firmino sotto la guida di Markus Gisdol diventa più di un attaccante. Diventa il leader tecnico dell'attacco degli azzurri, non l'ultimo esecutore, ma il creatore. La stagione 2013/2014 lo vede diventare un regista offensivo, un giocatore da doppia doppia in gol e assist. E infatti l'Hoffenheim chiude la Bundesliga con il proprio record di gol segnati (72) e il terzo attacco del campionato, finendo però solo nono in classifica a causa di una fase difensiva degna del Norimberga retrocesso (70).
E Firmino, nel dubbio, si mette in mostra con le migliori della classe segnando sia al Bayern di Guardiola che al Borussia di Klopp. Gioca meravigliosamente, da brasiliano con la precisione e la rigidità tedesca.
Gisdol non lo obbliga a fare nulla che lui non voglia, lo lascia libero di vagare per il campo, andare a prendersi il pallone dove vuole. Liberare spazi per i compagni e mandare in porta Volland, la sua prima punta.
La sensazione è che dal laboratorio Hoffenheim stia venendo fuori un attaccante moderno, che possa diventare qualcosa di differente da quello che c'è già. Un diamante da sgrezzare, ma che ha bisogno di un laboratorio migliore per diventare meraviglioso.

Jurgen&Bobby

E quello che per Muller è stato Guardiola, per Firmino è Klopp. I due, dopo essersi incrociati nei campi tedeschi, si sono incontrati nel nord dell'Inghilterra, a Liverpool.
Arrivano in momenti diversi in una città che vive di calcio e Beatles, una città che sogna una Premier da vent'anni e una Champions League da dieci, oltre ad aver vissuto un periodo difficile di montagne russe di risultati.
Entrambi ci mettono poco ad entrare nel cuore dei tifosi Reds.
Roberto Firmino diventa praticamente da subito amichevolmente Bobby, Klopp semplicemente l'idolo della Kop, l'incarnazione di tutto quella che è la storia e il calcio di Liverpool e del Liverpool. Un gran calcio, fatto di gol e divertimento. Ma di nessun successo.
Ed è così che si arriva al punto di svolta: il varo del tridente leggero con Manè e Salah. E' il 2017 e Klopp ormai ha messo in moto la sua macchina, una macchina che ha bisogno ancora di pochi, ma fondamentali dettagli da sistemare. Paradossalmente uno di questi è l'addio di Coutinho, quello che rende definitivo il tridente che poi nei successivi due anni arriva a due finali di Champions League e alla vittoria della Premier League 2019/2020.
Un calcio di movimento, di letture, di inserimento degli esterni e dei centrocampisti. Tutti a sfruttare lo spazio. Quello che crea Roberto Firmino con i suoi movimenti, con il suo venire a creare in mezzo al campo. I numeri di Firmino non sono quelli del grande goleador, a quello ci pensa Salah, giocatore in esponenziale ascesa già nei 18 mesi italiani, ma che a Liverpool con un compagno di reparto come il brasiliano tocca il suo apice assoluto.
Firmino libera spazio, gli altri lo occupano, in modo perfetto, eccezionale e infatti il Liverpool con in campo il suo attaccante ha una media punti di quasi mezzo punto più alta rispetto a quando non lo ha.

E se fossero insieme?

La domanda che sorge spontanea, allora, è: cosa succederebbe se fossero insieme?
Muller e Firmino, le due facce della stessa medaglia, i due giocatori che meglio interpretano il calcio moderno di lettura e spazi. Due giocatori complementari, tanto nel modo di interpretare il calcio quanto nel modo di giocarlo. Elegante nel liberare spazi Firmino, cinico e talvolta sgraziato nell'occuparli meravigliosamente Muller.
Chissà se insieme riuscirebbero ad elevare ancora di più il loro gioco. Chissà se porterebbero il calcio della loro squadra a diventare ancora più cerebrale, ancora più fatto di letture e movimenti.
Un calcio vicinissimo al basket che insegnava Phil Jackson ai suoi Chicago Bulls e Los Angeles Lakers, un calcio di adattamento all'avversario sfruttando gli spazi che ti concedono.
Lettura e visione. Capacità di anticipare ciò che sarà e agire di conseguenza.
Firmino e Muller incarnano perfettamente queste qualità.
Motivo per cui qualsiasi allenatore se li trova per le mani difficilmente vi rinuncia, troppo avanti, troppo importanti. Semplicemente moderni.
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About Matteo Vismara

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