Barbosa-Livingston, la second unit che cambia le Finals, tanto diversi tanto uguali

Leandro Barbosa e Shaun Livingston obiettivamente, così a colpo d'occhio, non hanno nulla in comune se non la maglia gialla con il Golden Gate stampato sopra.
Stesso ruolo, il playmaker, interpretato in due maniere completamente opposte, causa anche, se non soprattutto, della differenza di altezza tra i due. Il brasiliano è alto 191 centimetri, l'americano 10 in più. E non sono molti i play di due metri, diciamo che l'ultimo a vedere il campo da quell'altezza e ad aver fatto benino si chiamava Earvin, altro nome almeno discutibile, ma tutti lo chiamavano Magic e faceva divertire la gente, e parecchio anche.
Barbosa ringrazia Kerr per la fiducia concessagli/Instagram
Senza andare a scomodare il Gotha dello sport a spicchi, questi due "piccoli" sono entrati nella storia del gioco da comprimari di lusso, da second unit con il compito di dare fiato e minuti di riposto al back court più forte, forse, e più divertente, sicuramente, di tutta la Lega.
Steve Kerr arrivato a settembre si è trovato questi due personaggi, un po' Stanlio e Olio della NBA, arrivati dalla free agency per dare maggior qualità alle riserve, quelle che sono mancate al Reverendo Mark Jackson, che ora commenta le partite in tv, per fare il salto di qualità definitivo.
Hai voglia ad avere Steph Curry e Klay Thompson in quintetto se poi a sostituirli ci devono pensare Toney Douglas e Steve Blake. L'oupgrade di questa stagione è evidente. E anche al reverendo qualche imprecazione sarà scappata.

Eccoli i playmaker diversi che permettono a Golden State di cambiare il modo di giocare e di affrontare le difese avversarie. Uno, Barbosa, sembra un piccolo toro sul parquet, solido e quadrato, con il collo che quasi scompare mentre palleggia quasi ad incassare la testa sulle spalle per osservare da più in basso, l'altro, Livingston, che sembra un gabbiano (e non solo per omonimia con il libro di Bach), con un'apertura di braccia impressionante che gli permette di andare ovunque. Uno tira da 3, l'altro preferisce andare al ferro grazie al suo fisico longilineo e un atletismo fuori dal normale.
Livingston con il trofeo/Twitter
Dopo una stagione normale, perchè il lavoraccio l'hanno fatto altri, sono cresciuti incredibilmente di livello, con il crescere dell'importanza delle sfide. Sonnecchianti contro New Orleans, dove ci ha pensato Curry, i due si sono svegliati a gare alterne contro Memphis, quando l'MVP stagionale e il suo fratello di Splash hanno sofferto come dei matti. Sono stati loro due e Iguodala, MVP delle Finals (articolo), a tirare fuori Golden State dalle sabbie mobili in gara 4 e rimettere in carreggiata serie e stagione.
Per poi arrivare ormai lanciati contro Houston in finale di Conference e poi al botto finale contro Cleveland. I numeri non sono mai stati straordinari, ma è stato l'apporto atletico e di intensità, soprattutto difensiva, a dare una scossa ai Warriors, un po' come capita con Gibson in quel di Chicago. A gare alterne hanno segnato 10 o più punti a testa. Non sono, ovviamente, due uomini franchigia, non sono due top player a cui affidare la guida costante della propria squadra. Ma sono due lavoratori, due giocatori di fatica che ogni allenatore si terrebbe volentieri in panchina.

Entrando nella finale si pensava che Livingston potesse essere un cambio interessante ai vari Barnes, Iguodala e Green, in difesa su James, favorito dalle lunghe braccia e dalla sua eccellente capacità difensiva, che gli permette di coprire anche su giocatori più grossi. Barbosa, invece, sarebbe dovuto essere la scossa difensiva su Kyrie Irving. Saltato Irving per infortunio, il brasiliano ha limitato i suoi compiti difensivi, vista la ridotta pericolosità di Dellavedova, eccezion fatta per gara 3.
Dai minuti concessi loro da Kerr è passata la conquista dell'anello, una fiducia crescente, anche a livello di minutaggio, conquistata sul campo, sudando e lottando su ogni pallone e per ogni centimetro. Superata la soglia dei 30 anni entrambi hanno raggiunto la prima vittoria in carriera e non hanno voglia di fermarsi, avendo raggiunto il massimo dopo momenti difficili.

Golden State è campione e si festeggia/Twitter
Ah vi ricordate che sembravano non avere nulla in comune? Andando a guardare le ginocchia di entrambi, invece, si scopre che sono più simili di quanto possano sembrare. Livingston nel 2007, mentre era a Los Angeles si è sfracellato il ginocchio ed ha iniziato un lungo calvario che lo ha portato anche in D-League. Poteva essere una carriera spezzata dagli infortuni, invece dopo due buone stagioni a Charlotte e Milwaukee, la rinascita a Brooklyn prima della chiusura del cerchio a Auckland. Barbosa invece nel 2014 stava recuperando dalla lesione del legamento crociato, 20 partite a Phoenix, sua seconda casa, e al Mondiale, giocato maluccio per la verità, hanno convinto i Warriors. E' bastata la necessità di avere un giocatore di esperienza. E lui, all'occasione della vita, non ha steccato. Ma lui alla fine vi dirà soltanto che #BarbosaKnows.
Perchè tutto sommato oltre alla maglia gialla con sopra il ponte più famoso della costa Ovest, questi due hanno molto altro in comune. Sono due esempi di miracoli sportivi, soprattutto Livingston, sono due storie di coraggio, caparbietà e, perchè no, fortuna. La fortuna di poter lavorare in un posto dove ti apprezzano per quello che sei e alla fine i frutti si vedono.
Complimenti fatti dallo sponsor comune dei due giocatori/Twitter

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About Matteo Vismara

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