Così si è presentato Emanuele Torrasi in mezzo al campo per la sua ultima partita della carriera in un campionato primavera. Una carriera ancora sul nascere e già rallentata due volte da un ginocchio su cui la sfiga ha deciso di concentrarsi, in modo balordo, per non dire bastardo.
L'ho detto tempo fa, su Torrasi, come su altri ragazzi di questa primavera, non sono oggettivo nè del tutto lucido e distaccato. Su Emanuele forse ancora più che su altri.
Perchè è stato il primo che ho conosciuto, la mia prima intervista, seppur telefonica, il mio vicino di posto sui gradoni di Solbiate insieme ad Alessandro Sala. O meglio, io sui gradoni di cemento freddisimi, loro sui seggiolini, tenuti ovviamente occupati per il Milan.
Non so se possa definirmi suo amico, so che posso parlare del giocatore e del ragazzo un po' meglio di quanto io possa fare con altri.
Ho incontrato Ema la prima volta al McDonalds di Solbiate dopo una partita, era lì con la famiglia e la fidanzata, io con un mio amico che faceva uno stage al Milan. E' stato un caso, perchè credo di non essermi più fermato in quel posto in tutto il proseguo dell'anno. Si era infortunato da poco, credo un paio di settimane. Non sapevo che cosa fare, non volevo rompere i coglioni in un momento privato. Ma l'ho fatto lo stesso. E, con il senno di poi, posso dire di aver fatto la scelta giusta. Almeno per quanto mi riguarda, di quello che pensa lui non ho idea.
E' servito un po' di tempo per annusarci, per capire se potessimo avere qualcosa in comune, poi diciamo che la convivenza forzata a Solbiate è andata più che bene e oggi c'è un buon rapporto, due battute quando possibile le scambiamo. Probabilmente più che altro per cortesia, perchè è un ragazzo d'oro sempre a disposizione, per quel che posso dire, fuori dal campo, così come lo è in campo con i suoi compagni, sempre pronto a fare una rincorsa in più, una scalata più lunga se necessaria. Ma io apprezzo comunque il tempo che mi concede.
In campo è un play basso, ha una visione naturale del campo, di dove deve andare il pallone o di dove andrà. E' un generoso, dà sempre tutto e lotta senza risparmiarsi mai. E non risparmia nemmeno qualche bel calcione agli avversari o fiato andando a protestare con gli arbitri. Ma questo è quello che un capitano deve fare. Qualche anno fa, avevo preso come esempi un po' Lampard, un po' Gerrard, una specie di incursore box to box.
Oggi mi viene in mente un giocatore diverso: Marco Verratti. Più alto, ovviamente.
Uomo d'ordine, di pensiero e di qualità di piede. Magari non uno con tanti gol nei piedi, due gol in primavera due stagioni fa contro Roma e Fiorentina, ma con la certezza che dargli la palla significa metterla in cassaforte. Sono convinto che un giocatore non si possa nè si debba giudicare dalle statistiche. Lo facessi con Emanuele andrei totalmente fuori strada, ecco quindi che numeri non ne metterò nemmeno uno. Sarebbe uno sminuire quello che ho visto in campo, quello che ha passato lavorando tutti i giorni sempre più duramente dopo ogni infortunio per tornare più forte, sarebbe un voler rinchiudere in qualche numero tante ore passate su un campo di calcio.
Filippo Galli qualche anno fa mi disse che l'obiettivo del settore giovanile del Milan, prima che grandi giocatori, doveva lanciare nel mondo grandi persone. Credo Galli parlasse anche di Torrasi.
Galli mi ha sempre parlato bene di Ema quando gli ho chiesto.

Ero emozionato io, non voglio pensare la sua famiglia e ancor di più lui. Non gli ho mai chiesto com'è stato quell'esordio, i primi tocchi di palla sull'erba dello Stadio più bello d'Italia e uno dei più belli al mondo. Non so dare una motivazione, credo sia perchè reputi certi momento talmente intimi e personali che vanno trattati in momenti particolari, che vadano raccontati per bene, seduti comodi e non in piedi sulle tribune del Vismara.
Era l'ultima della sua carriera nel campionato primavera, dicevamo, è l'ultima per una regola, non particolarmente nota a nessuno, del divieto di schierare fuoriquota sopra i 2000 nelle ultime 4 di campionato. Probabilmente sarebbe stato, visto il calendario, più utile un prestito già a gennaio, ma non si può tornare indietro, la DeLorean ancora non l'hanno inventata. Ha chiuso con una vittoria, quella che è valsa la promozione e il ritorno in Primavera 1, da capitano e leader. Chiude così, nel migliore dei modi, un'esperienza triennale che ha visto più bassi (due infortuni importanti, la retrocessione) che alti (la finale di Coppa Italia, seppur persa, raggiunta con un percorso meraviglioso). Ma lui ne è sempre uscito bene.
E adesso è il momento di guardare al futuro. Mister Giunti a fine intervista, quando ha annunciato a noi giornalisti del fatto che fosse l'ultima partita di Ema in primavera gli ha anche detto "Non ti preoccupare, da domani si inizia a lavorare per l'anno prossimo". L'anno che dovrà essere quello del salto tra i professionisti, l'anno che gli farà spiccare il volo. Perchè se lo merita, per il giocatore e il ragazzo che è. Per i sacrifici che ha fatto e per la sfiga che si è beccato negli ultimi anni.
Una piazza dove andare a giocare sempre per dimostrare il suo valore e le sue qualità. Sarà una scelta importante, ma Ema ha a fianco persone che prima di tutto guardano a ciò che è meglio per lui, dalla sua famiglia al suo procuratore. Non ho dubbi che faranno la scelta migliore possibile.
Per tornare, chissà, più pronto e forte per calcare di nuovo l'erba di San Siro.
Sempre che Pioli, nei tre mesi di campionato che mancano non decida che i tempi per il ritorno di Torrasi alla Scala del Calcio siano maturi.
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