Da Palermo alla Grande Mela passando per la California: Joe Di Maggio


“Where have you gone, Joe Di Maggio? A nation turns its lonely eyes to you.
What's that you say, Mrs. Robinson? Joltin' Joe has left and gone away.” [1]
(Mrs. Robinson, Simon & Garfunkel, 1968)

La storia di Joseph Paul Di Maggio inizia ufficialmente in California il 25 novembre del 1914, giorno della sua nascita, ma ufficiosamente inizia molto prima. Inizia al tramonto del 1800, nel 1898 per la precisione, quando i neosposi Giuseppe e Rosalia Di Maggio partono da Isola delle Femmine, un paesino ad una ventina di chilometri da Palermo, in direzione Stati Uniti. Una traversata che li porterà come meta finale a Martinez, in California. Al contrario della maggior parte degli italiani che andavano a cercare fortuna in America, la famiglia Di Maggio non rimane sulla costa est, ma opta per un paesino vicino a San Francisco, perché vi si trova una delle più grandi comunità di pescatori del paese. Giuseppe Di Maggio ha così l’opportunità di continuare la professione di famiglia, tramandandola a due figli più grandi, Tom e Michael, mentre gli altri 7 figli seguiranno strade differenti nella loro vita. E’ quindi in una famiglia numerosa, ottavo di nove figli, che nasce Joseph, conosciuto da tutti solo come Joe.
Oggi Martinez, ancora meravigliosa cittadina californiana, è famosa principalmente per essere la sede di una raffineria petrolifera della Shell e sullo stretto di Carquinez, che ad inizio di secolo scorso veniva solcato da tanti pescherecci, oggi passano solo pochi traghetti che collegano le svariate città costiere.

Gli inizi-

Sin da piccolo non trova nessun interesse verso il lavoro paterno e si avvicina al baseball in modo casuale, con l’unico obiettivo di evitare di partecipare alle uscite di pesca con il padre ed i fratelli.
Iniziò così verso i dieci anni la sua prima esperienza sportiva, insieme al fratello maggiore Vince e al minore Dominic. Il suo primo ruolo fu terza base al campetto del porto di North Beach e con la sua squadra vinse la Boys Club League. A rafforzare il legame con l’Italia, lo sponsor della squadra, formata principalmente dai figli dei pescatori della comunità, fu un’azienda distributrice di olio d’oliva e diretta da un italiano, tal signor Rossi.
Ma tra Joe e il baseball non scatta immediatamente la scintilla. A 14 anni lascia il baseball per andare a vendere giornali nelle strade di San Francisco per iniziare a guadagnare, ma il suo destino è quello di giocare a baseball e nessuno può sfuggire al proprio destino. E nel 1931 ricomincia a giocare grazie a suo fratello Vince che lo convince a giocare con lui nei San Francisco Seals, nelle serie minori.
Ma Clipper, come viene spregiativamente soprannominato Joe, è un predestinato. Nonostante lo scherno di giocatori e tifosi avversari, per le sue origini italiane e per il lavoro di pescatori della famiglia, Di Maggio fa presto rizzare le orecchie delle più grandi franchigie di MLB, la Major League Baseball. Sì perchè Clipper, nome che prenderà poi anche una franchigia NBA che nascerà a San Diego e che oggi si è trasferita a Los Angeles, è il nome di una barca a vela. Oggi viene considerata una barca di lusso a 5 vele dove passarci una crociera è un sogno, a inizio '900 il riferimento nautico è puramente spregiativo.
Ma torniamo alla storia, è il 21 novembre 1934 quando i New York Yankees attraversano gli Stati Uniti e comprano il ragazzo figlio di italiani, che però arriverà nella Grande Mela solo nel 1936. New York e gli Yankees diventeranno la sua nuova casa e vi rimarrà fino al 1951, quando deciderà di ritirarsi dalla vita sportiva.



La vita da Yankee-

Nella sua vita a New York passa dall’essere uno dei giocatori più beccati dagli avversari che lo soprannominano immediatamente Pastasciutta, che collegavano le sue origini al tipico pregiudizio sugli italiani: pista, pizza e mafia, ad essere eletto nella Hall of Fame del gioco (1955). Il trash talking, i cosiddetti discorsi spazzatura fatti per innervosire gli avversari, di cui è vittima non scalfiscono la scorza del ragazzo, che in quindici anni giocherà per ben 13 volte all’ MLB All Star Game e vincerà per ben 3 volte il trofeo come miglior giocatore del campionato. E con la sua crescita in campo, aumenta il rispetto anche al di fuori e viene soprannominato Joltin Joe, per la forza con cui impatta la palla con la mazza. Durante la sua carriera polverizza tutti i record possibili sia di squadra che personali. Con gli Yankees vince 9 campionati, giocando 1.736 partite vincendone 1.308 con un’incredibile percentuale del 75%. In carriera saranno oltre 2.200 le battute valide, 361 i fuori campo e soprattutto 56 le partite consecutive, dal 15 maggio al 17 luglio 1941, con almeno una battuta valida. (ndr per battuta valida si intende la battuta che permette al battitore di raggiungere la prima base)
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Di Maggio è ormai uno degli uomini più famosi, riconosciuti e riconoscibili degli Stati Uniti tanto che lo storico Stephen Ambrose, nel suo libro D-Day, ricordando lo sbarco in Normandia scrive: Quanti nostri soldati sono morti sulla sabbia di una spiaggia dicendo ai compagni: salutami Joe Di Maggio quando torni a casa”
Nel 1951, in una piovosa notte di Cleveland, annuncerà il suo ritiro dal baseball, lascia da leggenda del gioco e nel 1955 con il 90% dei voti dei giornalisti americani diventa membro della National Baseball Hall Of Fame. Ira Berkow, giornalista del New York Times, dopo il suo inserimento nella Hall Of Fame scriverà “Non è per i suoi record che ci ricorderemo di lui. Verrà ricordato per la persona che Di Maggio era. Rimane un simbolo di eccellenza, eleganza, forza e gentilezza”.

Joe Di Maggio simbolo positivo-

Sono lontani i primi anni di carriera, sono lontani i giorni passati a vendere giornali a San Francisco o a pescare con il padre. Joe è un simbolo positivo degli Stati Uniti e per gli immigrati che approdano sulle coste statunitensi. Tanto che il regista Francis Ford Coppola ricorda come “Di Maggio era una delle prime cento parole che gli emigrati imparavano non appena sbarcati”. Inizia a frequentare anche il mondo del cinema e della cultura, diventa amico di Hemingway che nel suo libro Il vecchio e il mare lo cita spesso con il suo ultimo soprannome Joltin’ Joe.
Nel 1954 sposa, in seconde nozze, Marylin Monroe. Esatto, seconde nozze perchè nel 1939 mentre giocava aveva sposato l'attrice Dorothy Arnold, conosciuta sul set Manatthan Merry Go-Round, la passione e l'amore tra i due dura fino a quando Di Maggio non viene chiamato a prestare servizio militare alle Hawaii nel 1943.
Ma anche il matrimonio con Marylin non è destinato a durare, i due divorziano poco meno di un anno dopo. Nonostante la rottura, Di Maggio rimane nell’ambiente hollywoodiano e vicino alla Monroe, tanto che sarà proprio Joe ad occuparsi dei funerali dell’attrice nel 1962.
Nonostante il ritiro, rimane uno dei grandi punti di riferimento sia per il mondo del baseball, sia per i nuovi immigrati e nel 1969, nel centenario dalla nascita del baseball, viene eletto in un sondaggio Miglior giocatore di baseball vivente.
Non rientrerà mai più attivamente nel mondo sportivo e si darà alla televisione e al cinema, dove interpretò sempre la parte di sé stesso. Ed anche nel mondo dello spettacolo e della televisione lascerà un segno indelebile, tanto che diverse volte ancora oggi viene ricordato da attori e cantanti. Tra gli anni ’70 e ’80 sarà il testimonial pubblicitario della macchina da caffè Mr. Coffee, e negli anni a seguire tante volte verrà ricordato il suo ruolo e la sua figura nel cambiamento americano. I primi a cantare di lui saranno Simon & Garfunkel nel 1968, in Mrs. Robinson, con una vena di tristezza per la scomparsa nella loro società di eroi come Di Maggio. Sono diverse anche nel cinema e nella televisione le volte in cui viene menzionato. In Manhattan, diretto da Woody Allen, viene citato come una delle persone per cui vale la pena vivere per il protagonista, spesso viene anche citato nei film di Adam Sandler come risposta ad alcune domande sulla società.

Se n’è andato l’8 marzo 1999 a Hollywood, per un tumore ai polmoni, e in aprile davanti allo Yankees Stadium è stato inaugurato un busto in suo onore sulle note della strofa di Mrs. Robinson cantate da Simon & Garfunkel, che ricordavano la sua grandezza e il suo essere una leggenda dello sport americano. 
Anche il giornalista Vittorio Zucconi, da immigrato negli States, ricorda l’importanza avuta da Di Maggio nel dare un’immagine diversa dell’Italia e degli italiani: “Aveva dato agli italoamericani dignità ed eleganza, dopo decenni di mafia e di padrini”.



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About Matteo Vismara

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