Roberto Baggio lascia un campo da calcio per l'ultima volta, lascia il posto a Giuseppe Colucci a 5 minuti dalla fine. Si toglie la fascia da capitano del Brescia e portandola in alto inizia a salutare tutto lo stadio, che è stato anche suo per un breve periodo di carriera, e si prende gli applausi di tutti i tifosi arrivati a San Siro.
La partita, sostanzialmente, finisce lì. L'arbitro non si preoccupa di accelerare la sua uscita dal campo, la partita in senso stretto è già finita, gli si lasci l'ultimo palcoscenico. Come meritano i grandissimi.
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Roberto Baggio ai tempi del Vicenza/Twitter |
Un uomo che univa invece che dividere. A Milano sia i tifosi rossoneri che quelli nerazzurri lo ricordano con affetto, nonostante sia rimasto solo due stagioni in entrambe le esperienze meneghine. I suoi anni migliori li ha donati alla Juventus, vincendo tutto a livello di squadra e personale, con il Pallone d'Oro 1993 a coronarne l'ascesa all'empireo dei grandi.
Testa matta, ha avuto problemi con quasi tutti gli allenatori che lo hanno allenato tranne i primi, Bruno Giorgi, a Vicenza e Sven Goran Eriksson a Firenze e l'ultimo, quel Carletto Mazzone che per due anni tra il 2002 e il 2004 riuscì a convincere il Divin Codino a puntare le sue ultime fiches sull'Europeo in Grecia, dopo l'esclusione dai Mondiali nippo-coreani.
Però in campo era poesia, era il giocatore capace di cambiarti la partita in un attimo, aveva quella capacità, tipica di pochi iniziati, di decidere quando accendere e spegnere le sue giocate. E quando si accendeva era proprio tanta roba.
Però in campo era poesia, era il giocatore capace di cambiarti la partita in un attimo, aveva quella capacità, tipica di pochi iniziati, di decidere quando accendere e spegnere le sue giocate. E quando si accendeva era proprio tanta roba.
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Baggio contro la Spagna ai Mondiali '94/Twitter |
Ha lasciato con il rimpianto di non essere riuscito a riscattare quel rigore sparato alle stelle contro il Brasile nella finale di Los Angeles nel 1994. Nella città delle stelle la stella più luminosa dell'Italia mondiale aveva fallito la sua specialità, il calcio di rigore. Di lì a poco dirà "I rigori li sbagliano solo quelli che hanno il coraggio di tirarli", la grande verità di Roberto Baggio. Sempre i rigori lo riaccompagneranno alla frontiera ai mondiali di Francia 1998, la sua ultima avventura azzurra. Assente nel 2000 e ignorato da Trapattoni nel 2002, lascerà la Nazionale in amichevole contro la Spagna (28 aprile 2004). Lui che con la Nazionale ha fatto vivere due delle cavalcate più belle in mezzo ai due mondiali vinti. Era uno dei grandi delle Notti Magiche italiane dell'estate del '90 e era la mente illuminata azzurra nel caldo americano nel '94. 7 reti regalate all'Italia durante i due Mondiali (diventeranno 9 con i due gol a Francia '98) e la soddisfazione di venir inserito nel FIFA World Cup Dream Team, il miglior undici della storia dei Mondiali.
E come canta Cremonini "Ah da quando Baggio non gioca più, non è più domenica".
Sono 11 anni ormai che non vediamo più il suo codino muoversi sui campi della Serie A e non vediamo più punizioni disegnate con il compasso.
Il personaggio è stato ed è tutt'ora controverso, ma quanto ci manchi Roby.
Sono 11 anni ormai che non vediamo più il suo codino muoversi sui campi della Serie A e non vediamo più punizioni disegnate con il compasso.
Il personaggio è stato ed è tutt'ora controverso, ma quanto ci manchi Roby.
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