Un weekend per 48 minuti. Spurs-Warriors

E' da quando sono partito in direzione USA, circa 3 mesi fa, che pensavo solo ad andare a vedermi una partita di NBA. Dal vivo, al palazzetto, che però è forse meglio chiamare stadio, e non in televisione. Nonostante i commenti di Barkley e Shaq, sulla tv nazionale, mi facciano spisciare dalle risate ogni sera.

Ho preso il biglietto in internet non rendendomi nemmeno conto che stavo andando a vedermi la partita di Pasqua. Ho smesso di dare importanza alle vacanze un paio di anni fa quando ho finito le superiori. Ho aspettato un mese abbondante prima di iniziare a cercare un qualche mezzo che mi potesse portare da Laredo a San Antonio e ho avuto una crisi di panico nel momento in cui ho considerato il fatto che effettivamente era il weekend di Pasqua. Rischio stop dei pullman elevato, molto. Invece tutto relativamente facile. Weekend lungo nella città degli speroni. E qui nasce la prima grande considerazione. Che le città americane siano grandi e impraticabili senza automobile lo si dice sempre, ma poi te ne accorgi davvero quando ti trovi a percorrere una via lunga 3 chilometri solo per arrivare all'albergo. Niente male, la prossima volta però cercare un altra possibilità. Primo appunto mentale. L'hotel mi sembra quello presente in ogni film medio americano dove compaiono spacciatori o prostitute, sotto l'autostrada per altro. 2-0 per te San Antonio. E sono passate solo un paio d'ore.

Il sabato sera prima di andare a dormire, il servizio clienti Spurs manda la mail a tutti i possessori di biglietti, informando dell'alta possibilità di traffico e consigliando quindi l'uso di mezzi pubblici. E ricordando l'appuntamento al giorno successivo.
Le maglie degli Spurs al fan shop/SportParlando
Solita visita della città e di qualche fan shop. Canotta di Leonard 99$, Ginobili, Parker, Duncan, Belinelli tutti uguali 99$. Vado sui cappellini sperando di trovare qualcosa di economico, 40$. Mi arrendo a non comprare nulla, ma continuo il giro. L'occhio rimane attratto dalla riproduzione dell'ultimo anello vinto. 500$. Me ne vado e la commessa mi guarda con sdegno e disprezzo per averle fatto perdere tempo e poi lo stesso sguardo si trasforma in quello che si ha nei confronti dei poveracci, pietà, perchè sono cifre inarrivabili. E poi ci lamentiamo degli 80€ per le maglie delle nostre squadre di calcio. In media 7 tifosi su 10 che vanno alle partite hanno hanno almeno un gadget della squadra. Ah già quasi dimenticavo il biglietto più economico costa 50$, io sono 10 file più sotto quel posto e il mio biglietto ha incrementato il suo valore di un dollaro per ogni fila che ho sceso. Non servo io per dire il prezzo, comunque più economico di una canotta.
La partita è alle 18, o 6 PM come piace a loro, i cancelli aprono alle 4 e le tribune alle 5. Vietato portare macchine fotografiche. Esco dall'hotel dopo aver fatto colazione con una famiglia messicana che ha un figlio simile a Shaq, 150 kg per 1,60 metri. Ho detto simile non uguale. Occupa due sedie e quando gli racconto che sono italiano sembra guardarmi con l'idea di voler assaggiare carne straniera. Mi dileguo in fretta dopo aver scaldato le mie due fette di pane tostato al naturale.
So a che ora esco, ma non a quale rientrerò. Guardando la mappa, l'AT&T Center è su Houston Street. La via parte da downtown. Bene non sarà lunghissima allora. Secondo appunto, rivedi il primo. Le vie sono infinite. Scopro con mio enorme disappunto che Houston Street ha la bellezza di 5000 numeri civici e il palazzo è al numero 4500 circa. Sono al 200. Mi metto di buona lena e passeggio lungo la via e più mi avvicino allo stadio più la zona si fa malfamata. Chiedo indicazioni ad una signora alla fermata di un pullman e mi risponde con un sorriso senza denti da far paura, che non conosce lo stadio. Colpa della mia pronuncia mi dico. Incontro un altro con i denti tutti oro e a quel punto decido di non chiedere più informazioni, ma di arrivare in fondo alla via e basta. Da qualche parte porterà. Almeno spero, nel caso ho tempo per tornare indietro e farmi un'altra passeggiata.

Meno mi si vede in faccia meglio è/SportParlando
Invece lo stadio è dove doveva essere. Alla fine della via. Sono già grondante di sudore, ma che me ne frega. 5 ore e mi vedrò Curry dal vivo. Basta e avanza. Collasso su delle panche vicino al botteghino e assisto divertito a più di una famiglia che cerca biglietti tutti nella stessa zona, tutti vicini. Il ragazzo, che vorrebbe sicuramente essere altrove alle 2 del pomeriggio del giorno di Pasqua, risponde a tutti che il massimo che si può fare è comprare due biglietti staccati e poi provare a contrattare con qualcuno offrendo il biglietto migliore in cambio di un posto vicino al figlio o figlia. Arrivano due francesi in viaggio di nozze che vorrebbero due biglietti vicini, solito ritornello e la signora a sentire che c'è quasi il tutto esaurito chiede se è una partita importante. Perchè passare la propria luna di miele all'AT&T mi chiedo. Mi si avvicinano con fare furtivo su indicazione dell'uomo botteghino chiedendomi quale fosse il mio posto e se nel caso fossi disposto a cambiarlo. Se mi offrite di meglio non rifiuto. Mi avvio a grandi falcate verso il botteghino e vedo che sta finendo OKC-Houston. Gli ultimi cinque minuti di partita meriterebbero un articolo da soli, ma avendo visto solo quelli mi godo le giocate di quei due pazzi che sono Harden e Westbrook. (video)
Intanto i due sposini dopo aver raccontato a me e Joshua, il ragazzo del botteghino, la loro storia moderna rinunciano ai biglietti. Faccio un accordo con il botteghinaro. Può vendere il mio biglietto per un altro migliore se mi permette di rimanere a vedere Cavs-Bulls che sta per iniziare. Accetta immediatamente.
Provo a chiedergli quanto costa assistere al pregame con la sessione autografi, 300$ in più. Ringrazio dell'offerta e vado avanti.

Mi avvio ai cancelli e noto le maglie di pochi giocatori Duncan e Leonard soprattutto. Poi mi accorgo come la maglia di un mio idolo come Manu Ginobili venga indossata solo da ragazze e donne di classe. Ne capiscono, me ne convinco.  Trovo due italiani che vorrebbero andare a salutare coach Messina alludendo ad una mail inviata al coach con risposta dello stesso. Ci credo poco, ma gli dico che vedo la cosa improbabile. Mi rimetto sui divanetti a guardare Cleveland con un paio di magie di Irving e Smith.
L'attesa  è rapida, ormai ci siamo. Spurs-Warriors è una delle poche partite accessibili che avrei voluto vedere. Ci sono.
Arrivano i miei vicini. 4 ragazzi, che esordiscono con una gara di rutti dall'alto livello di mascolinità, e una ragazza che si siede a fianco a me mangiando i suoi nachos. Dall'altro lato cinque posti vuoti e poi una famiglia cinese con maglia di Corey Joseph. Sono cinesi d'altronde.
Gli Spurs la chiudono abbastanza in fretta e i miei rumorosi vicini si scatenano in urla esultanze e qualche altro suono strano, ma non voglio indagare sulla provenienza. La disperata ragazza ogni tanto si gira verso di me, che ormai me la rido come un matto, sorridendomi quasi a chiedere scusa per il fidanzato e gli amici. Bellissima, quando guardo il calcio faccio di peggio, non mi scandalizzo per così poco.
Un bambino sopra di me attiva urla agli ultrasuoni ogni volta che gli Warriors vanno in lunetta. E sembra che funzioni visto che ne sbagliano parecchi. Gli Spurs chiudono 31-17 il primo quarto e capisco che la partita è già andata a farsi benedire. Io speranzoso in uno Steph show devo assistere invece a quello di un altro steal of the draft nero argento: Kawhi Leonard. Come è possibile che sia stato chiamato solo alla 15 e poi scambiato da Indiana per George Hill? Non sarà ai livelli di Manu Ginobili chiamato alla fine del secondo giro, ma anche quì siamo all'ennesimo colpo di magia degli Speroni. Se invece dovesse essere il sistema a far giocare così, bhè chiamatemi che voglio migliorare anch'io.

Finisce la partita e mi avvio all'uscita ripassando tutto il rosario all'idea di dover ripercorrere a piedi tutta Houston Street o di infilarmi su un pullman pieno nel traffico di rientro. Rinuncio alle scale mobili, ah già, quelle normali non esistono. Se sei grasso non ti aiutano a dimagrire. Mi avvio quindi all'ascensore. Siamo in due senza canotta Spurs. Io in maglia nera, quindi abbastanza in tema, e un ragazzo con maglia rossa sgargiante del numero 23 di Cleveland. Più fuori luogo di una dieta a base di hamburger. E qui inizia il post gara. Sento da dietro di me un signore chiedere con gentilezza "Hey 23 are you from Ohio?" ripetuto un paio di volte prima che il giovane fan di LeBron richiamato all'ordine dalla fidanzata si giri imbarazzato. Alla fine la suddetta ragazza accampa un paio di scuse simpatiche e con una faccia semi disgustata sottolinea come sia solo un LBJ lover. Povero lui, non lo dice, ma lo sottointende. La canotta della ragazza? Troppo facile, Manu. Ragazza di classe. Mi avvio alla fermata del pullman, li trovo in attesa e vedo la strada chiusa. Le macchine da lì non possono passare, a curare il tutto un buon numero di vigili. Finalmente la fortuna gira dalla mia parte. Pago il mio biglietto alla macchinetta sul bus e mi siedo. Dietro di me arrivano cinque tifosi di Golden State, tutti con maglia di Curry sulle spalle. E da dietro si alzano un paio di ragazzi che scherzando iniziano a dire "No Golden State fans on this bus. You have the t-shirt of the MVP NO". Non credo serva traduzione, anche se l'MVP sarebbe comunque più che suo. Inizia così una simpatica discussione tra i quattro e un povero tifoso punto nell'orgoglio. Fino a che non si arriva a parlare di anelli, classifica stagionale e statistiche simili. Mi sembra di essere tornato al bar a sentire tifosi di Milan, Inter e Juventus ricordare le 7 Champions, il Triplete o i 30 scudetti, ops 32 sul campo. Chiacchiere da bar.
Poi ecco che si alza un uovo di Pasqua fatto uomo. Tondo e basso. Ma è l'abbigliamento che mi colpisce. Maglia di Mills, e già iniziamo male, felpa Spurs, cappellino, scarpe con disegnato lo stemma, bandierina e, per concludere, la bellezza di cinque anelli di campioni NBA alle dita. Vi ricordate i costi? Più o meno parliamo di 3000$ donati alla causa della squadra di Pop. Benefattore.
Mi trovo a chiacchierare con una vecchia, tifosa Spurs, che per prima cosa mi chiede da dove arrivo. Sembro davvero un pesce rosso in una vasca di squali? Bhà. Però appena dico Italia tutti si fermano, si alzano, fanno finta di tirare da tre, si passano le mani sulla pancia urlando "Belinelli, Mamma Mia". Soddisfazione.
Scendo alla mia fermata insieme ai tifosi di Auckland, o San Francisco come tanto piace sottolineare ai tifosi nero argento. Fermano un taxi, il conducente si ferma abbassa il finestrino e la prima cosa che gli dice è #GoSpursGo. Mi scappa una risata, saluto i miei nuovi amici Warriors e me ne vado. Gran serata, gran weekend. Tutto per una partita di basket. 
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About Matteo Vismara

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